di Nicola Cacace
L’Italia ha oggi il più basso tasso di occupazione (occupati sulla classe 14-65 anni) 57% contro una media europea del 62% perché i Servizi non assorbono occupazione a sufficienza come accade negli altri paesi industriali. Porsi l’obiettivo di un Piano del lavoro che porti l’Italia in media europea, significa creare almeno 2 milioni di posti lavoro, tutti nei Servizi. Perché da decenni così accade in tutti i paesi industriali, Italia compresa (anche se in misura inferiore).
Quale effetto ha sull’occupazione e sulla mancata occupazione un settore Servizi non competitivo? Grandissima, considerando che in tutti i paesi industriali l’occupazione aumenta solo nei Servizi mentre quella in Agricoltura ed Industria cala. È un effetto della terziarizzazione e dell’informatizzazione. Molte imprese industriali hanno reagito con successo puntando su innovazione e internazionalizzazione. I successi di molte imprese –dal Vino alle Macchine utensili, dalla Moda alla Gomma- sono serviti a mantenere un export manifatturiero tra i primi in Europa.
Questo non ha impedito un’inversione di tendenza nella Bilancia delle Merci, passata da un attivo sino al 2000 a 20 miliardi di passivo nel 2010, mentre la Bilancia dei Servizi è passata da un pareggio sino al 2000 a un passivo di 10 miliardi nel 2010. Oggi tutti i Servizi sono passivi, a cominciare dai Trasporti con 8,4 mld di euro di passivo commerciale, Licenze con 2,6 mld di passivo commerciale, Consulenze con 2 mld e poi Informatica, Finanza, etc. Il Turismo è l’unica eccezione, parziale, con un attivo commerciale calante in termini reali. Sommando a queste voci il passivo dei Redditi (da lavoro e capitale) e dei Trasferimenti si arriva al passivo della Bilancia dei conti correnti attuale di 53 miliardi. È chiaro che in mancanza di interventi decisivi a sostegno della competitività anche nei Servizi, l’eventuale ripresa economica rischia di essere Jobless.
L’inefficienza dei Servizi pesa, oltre che sull’occupazione, su tutte le imprese, per la logistica, l’energia, l’informatica (banda larga carente), la P.A. Alla crisi di competitività dei Servizi concorrono molti fattori tra cui, le mancate liberalizzazioni, la carenza di investimenti pubblici mirati e la “vecchiaia” del paese. L’Italia oggi per il calo di natalità è col Giappone il paese più vecchio del mondo. Dai movimenti degli investimenti diretti esteri si vede come le multinazionali non investano in paesi vecchi, per motivi di domanda e di offerta. Una contro prova della “vecchiaia”, fattore negativo di sviluppo, viene anche dal doppio mercato del lavoro, uno per italiani e lavori qualificati, l’altro per stranieri e lavori umili. Il primo non marcia perché la domanda di lavori qualificati in un paese a bassa innovazione è scarsa, il secondo marcia perchè la domanda di lavori umili molti dei quali legati all’invecchiamento della popolazione si mantiene a livello medio-alto. Nel biennio di crisi 2008-2010, l’occupazione italiana si è ridotta di 800mila unità mentre quella straniera è aumentata di 300mila, con saldo occupazionale di -500mila occupati. Da anni è iniziata un’emigrazione netta verso l’estero di circa 10mila giovani l’anno, soprattutto laureati e diplomati, dal Sud ma non solo.
Italia, andamento dell’occupazione in un decennio (valori in migliaia)
2000 2011 (I trimestre) Vaariazione %
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Agricoltura 1.126 807 -28
Industria 6.841 6.561 -4
Servizi 13.548 15.507 14
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Totale 21.515 22.875 6
Perciò una politica industriale e di crescita dovrà fare molta attenzione ai Servizi -che oltre a impiegare quasi il 70% dell’occupazione totale, impiegano l’80% di diplomati e laureati- se si vuole che la crescita non sia Jobless.