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Interloquendo con The Economist sui nuovi e vecchi “clowns” italiani

di Marino Lizza

The Economist ha pubblicato una mia lettera con la quale criticavo l’analisi dei risultati delle elezioni Italiane. Benché alla copertina e ai titoli sbeffeggianti su Grillo e Berlusconi seguissero ragionamenti più seri, ho ritenuto che il tono di scherno fosse inaccettabile tanto per la democrazia italiana, quanto per la costruzione di una corretta opinione in Europa circa la complicata situazione che stiamo attraversando.

Confermando, a mio avviso, il suo apprezzabile spirito liberale, il settimanale inglese mi ha prima risposto personalmente argomentando la posizione, e ha poi pubblicato la nota sul suo ultimo numero.

Di seguito la mia lettera e la risposta di Mr. John Peet, Europe Editor. Seguono testi in italiano

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Lo spaesamento da recuperare velocemente

di Raffaele Morese

Queste elezioni sono così sconvolgenti che ognuno può vantare una verità interpretativa. Personalmente, non ho una risposta complessiva. So soltanto che più della metà dei votanti ha gratificato chi gli ha spiegato che soltanto con la demagogia si possono risolvere gli “enne” problemi di questo Paese sgangherato. Dopo la caduta del Governo Berlusconi, avevo sperato e dichiarato che, finalmente, a orientare il nostro futuro sarebbe stata la testa e non la pancia degli italiani e ho avuto torto. Ne faccio pubblica ammenda e quindi mi pongo di fronte alla nuova ed inedita situazione con una doverosa modestia e prudenza.

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Pensioni: crollo del potere d’acquisto

 

di Flavio Pellis – segretario generale AReS

I recenti dati diffusi dal sindacato pensionati SPI-CGIL evidenziano che il potere d’acquisto delle pensioni, negli ultimi 15 anni, è diminuito del 33% in rapporto all’economia reale, individuandone la cause unicamente nell’aumento di tasse e tariffe, aggiungendo che sono inoltre destinati a peggiorare per effetto del blocco della rivalutazione annuale (valevole per il biennio 2012-2013) introdotto con la riforma Fornero. Peraltro va rilevato che i pensionati non hanno nessuno strumento di difesa (con la rivalutazione bloccata oltre i circa 1.100 euro netti/mese; mentre tutti gli altri hanno strumenti di adeguamento: le imprese ed i commercianti con i prezzi, i liberi professionisti con le parcelle, i lavoratori con i CCNL – anche se molto svalutati,etc.). Ma non basta chiedere di reintrodurre la rivalutazione delle pensioni (vedi la recente lettera unitaria dei sindacati pensionati SPI-FNP-UILP ai candidati premier), bensì va assolutamente aperto il tema del meccanismo di rivalutazione, che è stato dimenticato/accantonato da TUTTI, compresi i sindacati dei pensionati (che invece dovrebbero esserne quantomeno a conoscenza)!

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Perché votare Berlusconi

di Marino Lizza

 

A questo punto della campagna elettorale a me paiono evidenti le tre tipologie di concittadini che voteranno Berlusconi (ovvio che c’è dell'altro, ma semplifico). Due di loro sono nel giusto, la terza no.

La prima categoria è quella dei "fedelissimi ideologici". Elettori di destra, che da un ventennio hanno trovato un leader convincente. Persone rispettabili che non voterebbero mai dall'altra parte, che hanno il baricentro della propria esistenza in loro stessi, che non vivono le tensioni del corpo sociale quale pezzo del personale malessere/benessere. Riduzione delle disuguaglianze, universalità nell'osservanza delle regole, pari dignità e opportunità, multiculturalismo, degrado ambientale, sono temi da salotto, talvolta anche appassionanti, ma non entrano in gioco quando c’è da scegliere chi li governa. Costoro erano per definizione già nel 14% pre-ritorno di Berlusconi.

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Dalle elezioni un Governo per fare … cosa?

di Flavio Pellis – Segretario Generale AReS

Siamo in un passaggio cruciale della storia italica; possiamo continuare galleggiando oppure decidere.

Abbiamo sostenuto il governo Monti per togliere l’Italia dal baratro, abbiamo fatto bene, ma è stata una operazione prevalentemente difensiva. Abbiamo limitato le perdite, ma chi ha pagato il prezzo maggiore sono stati i ceti medi, il popolo di lavoratori e pensionati, i piccoli imprenditori e gli artigiani. Non le corporazioni, le rendite e quel 10% di veri ricchi che detengono quasi il 50% della ricchezza nazionale. Inoltre, molti ritengono ancora che l’adesione acritica alla deregulation liberista sia ancora il requisito indispensabile per governare, confidando che lo sviluppo segua ... Ma questa strada si è dimostrata fallace oltre che ingiusta.

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PER IL LAVORO E CONTRO LE DISUGUAGLIANZE

Koiné è un’associazione che coinvolge quanti considerano cruciale affrontare i problemi sociali e del lavoro ed è  promossa da dirigenti ed ex dirigenti sindacali di Cgil, Cisl ed Uil, da intellettuali, operatori economici, professionisti. In vista delle elezioni politiche del 24 febbraio, Koiné esprime il suo pieno sostegno alla coalizione di centro sinistra. La scelta è motivata dalla necessità di perseguire un profondo cambiamento della condizione economica e sociale del Paese e dall’esigenza di evitare un aumento delle disuguaglianze.  Il declassamento e la svalutazione del lavoro e della condizione sociale dei “ceti medi” (sia lavoratori sia pensionati) è stata, principalmente in Europa, una delle cause non secondarie che hanno contribuito alla instaurazione di regimi autoritari. Del resto, la democrazia è sempre necessaria allo sviluppo. Non il contrario.

 

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Il lavoro, il PD, e il governo del Paese

 

di Luigi Viviani

 

Le prossime elezioni di febbraio, imprevisti a parte, dovrebbero consentire l’accesso del centrosinistra, con le allenze che riuscirà a costruire, al governo del Paese. 

In questa prospettiva appare necessario un approfondimento particolare sui problemi del lavoro, almeno per  tre motivi:

  • -perché il lavoro viene proposto come priorità fondamentale da parte del PD fino a indicarlo, nella Carta d’intenti, come “parametro di tutte le politiche pubbliche”, e quindi su di esso si giocherà, in gran parte, la caratterizzazione e l’efficacia dell’azione di governo;
  • -perché le proposte sul lavoro contenute nel documento, proposto dall’ex- premier Monti, rappresentano complessivamente un pacchetto di scelte che sfida il PD su un terreno che tradizionalmente è parte rilevante della sua identità;
  • -perché la questione delle politiche del lavoro è stata la motivazione fondamentale della crisi dei due precedenti governi di centrosinistra, guidati da Romano Prodi.

Questa volta il compito si presenta più difficile e impegnativo perché si tratta innanzitutto di determinare una svolta della nostra economia in direzione della crescita, come premessa per una ripresa dell’occupazione, in una situazione di perdurante crisi, e in presenza di vincoli finanziari assunti a livello europeo, destinati a durare  per alcuni anni. Ciò sarà possibile soltanto se il Governo realizzerà, con chiarezza e determinazione, politiche innovative senza conservatorismi, anche perché dovrà guadagnarsi la fiducia, l’impegno e la mobilitazione responsabili delle parti sociali e della più ampia società civile.

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Monti: con chi e per fare cosa?

3/01/13 - Pierre Carniti

Quando un nuovo gruppo si presenta sul mercato politico, in un sistema tendenzialmente frantumato e frastagliato come quello italiano, le domande che la gente comune (oppure, secondo la formula più di moda, “la società civile”) si pone sono: con chi sta e cosa vuole fare? Sono appunto queste le domande che vengono rivolte al professor Monti, a seguito del suo tentativo di riorganizzare un “centro” da tempo privo di identità e di ruolo. Etichetta quella centrista che, per altro, l’ex premier dichiara di non gradire. Sarà magari per questa o per altre ragioni, rimaste misteriose, che fin’ora le domande sono rimaste eluse. E probabilmente continueranno ad esserlo nei due mesi scarsi che ci separano dalle elezioni.  E’ possibile che decidendo questa condotta  Monti si sia ispirato a Dante, il quale fa dire a Virgilio: “che la dimanda onesta  / si de’ seguir con l’opera tacendo”. Oppure che ritenga invece più conveniente evitare, per calcolo elettorale, quesiti giudicati scomodi. Sia come sia, le due questioni sono sul tavolo ed è opportuno parlarne. Provo quindi a dire la mia.

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